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IL MIO LAVORO IN PRATICA

IL MIO LAVORO IN PRATICA

Che cosa fa concretamente uno Psicologo quando si trova di fronte una persona che lamenta un dato problema psico-emotivo?

Proviamo a rispondere con un esempio concreto.

IL CASO DI MARIA

Maria ha 53 anni, è separata ed ha due figli, Luca e Davide.

Ogni giorno, dopo aver accompagnato questi ultimi a scuola, si dirige presso l’ufficio in cui lavora.

L’ambiente non è dei migliori; capita spesso, infatti, che i colleghi non si salutino tra loro o che si esprimano in modo aggressivo per porre semplici richieste.

L’azienda è da diverso tempo sull’orlo di una crisi finanziaria e questo porta la maggior parte dei dipendenti a svolgere più mansioni di quelle che gli spetterebbero.

Tutto questo porta i dipendenti a correre costantemente il rischio di commettere errori o di rimanere indietro con le pratiche.

che cosa fa uno psicologo verona

Quando poi nell’azienda è presente il responsabile, Antonio, il clima si fa ancora più pesante: temendo di essere screditato, ogni dipendente scarica sui colleghi la responsabilità delle proprie inadempienze.

Nei giorni successivi questo alimenta litigi e discussioni che, nel complesso, contribuiscono a rovinare il clima lavorativo.

Maria risente  di tutto questo, al punto da vivere molto male la presenza di Antonio nell’azienda.

Sapendo che il giorno successivo Antonio sarà lì a controllare il suo lavoro, Maria fatica a prendere sonno: si immagina di poter venire ripresa dal responsabile per una propria inadempienza, come pure di perdere il posto di lavoro.

Quando quest’immagine affiora tra i suoi pensieri, Maria  avverte che il cuore inizia a battere più velocemente, il respiro diventa affannoso e un fastidioso mal di stomaco prende il sopravvento.

che cosa fa uno psicologo verona

Preoccupata, Maria ripensa a tutte le pratiche svolte nei giorni scorsi, alla ricerca di possibili errori o sviste che potrebbero portarla ad essere criticata e perdere il posto.

Dopo ore e ore di continui ripensamenti,  stremata dalla stanchezza, riesce a prendere sonno.

Alle prime ore del mattino, tuttavia, Maria è già in piedi e più nervosa del solito.

Se la prende con i figli affinché non perdano tempo nel fare colazione e prepararsi per la scuola.

In quelle circostanza, infatti, Maria cerca sempre di arrivare con largo anticipo a lavoro per sincerarsi che le attività svolte la settimana prima non presentino alcun segno di irregolarità.

DA DOVE DERIVA IL MALESSERE DI MARIA?

Maria teme di venire ripresa da Antonio e perdere per questo il proprio lavoro.

In breve, ciò che teme Maria è di essere criticata dal responsabile e il licenziamento che potrebbe conseguirne.

Per quanto possa sembrare scontato, diversi possono essere in realtà i motivi per i quali Maria teme di perdere il proprio impiego.

Potremmo ad esempio ipotizzare che l’idea di perdere il posto di lavoro sia un qualcosa di molto negativo per Maria a motivo della convinzione di non riuscire a trovare un nuovo impiego in futuro.

Se dovesse rimanere senza occupazione, infatti, Maria è convinta che si troverebbe in difficoltà nel mandare avanti la sua famiglia.

Questo scenario è per lei davvero intollerabile e catastrofico.

cosa fa uno psicologo verona

Se questa ipotesi fosse corretta, il disagio che Maria starebbe provando non sarebbe tanto legato alla paura di essere criticata o licenziata, quanto piuttosto alle ripercussioni che tali eventi potrebbero avere indirettamente sui suoi figli.

Scavando più a fondo potremmo infatti scoprire che, in passato, Maria ha vissuto in condizioni economiche molto precarie a motivo della cattiva gestione patrimoniale dei suoi genitori.

Con una madre emotivamente distaccata e trascurante  ed un padre con problemi di Gioco d’Azzardo Patologico, Maria si è spesso sentita abbandonata e non amata dalla sua famiglia.

È per questo che, all’età di 15 anni, Maria decise di non permettere ai figli che avrebbe potuto avere in futuro di vivere un simile dolore.

Dietro al disagio che Maria sta vivendo sul lavoro, dunque, si troverebbe in realtà la sofferenza di una madre premurosa che vorrebbe proteggere i figli da quell’esperienza di abbandono e non amabilità da lei vissuta nell’infanzia.

È per questo che Maria non riesce a dormire; è per questo che Maria intima i suoi figli a non tergiversare nei preparativi: deve assicurare loro di non perdere la gioia e spensieratezza che lei perse anni prima per le difficoltà familiari.

come lavora uno psicologo famiglia

Ecco dunque spiegato il motivo per il quale la mente di Maria la porta a vivere stato di  ansia: per segnalarle che un importante obiettivo di vita potrebbe venire compromesso.

MARIA DOVREBBE ANDARE DA UNO PSICOLOGO?

Ogni volta Maria viene a sapere che il responsabile sarà presente nell’azienda, si sente piuttosto agitata, fatica a prendere sonno e ha spesso problemi gastro-intestinali.

Tuttavia, i numerosi viaggi di lavoro a cui quest’ultimo è chiamato fanno sì che la sua presenza nell’azienda sia circoscritta a pochi giorni al mese.

Questo ha il pregio di rendere il disagio di Maria piuttosto occasionale.

Maria infatti continua ad andare a lavoro, ad occuparsi della casa, a prendersi cura dei figli, a frequentare amici ed a condurre una vita che, nel complesso, definisce positiva e piacevole.

che cosa fa uno psicologo cognitivo comportamentale

L’ansia di Maria non è quindi troppo acuta (criterio di intensità) e assidua (criterio di frequenza) da motivarla a chiedere aiuto ad uno psicologo, benché non sappia nel concreto che faccia uno psicologo; al tempo stesso, non le sta impedendo di perseguire le attività capaci di farla sentire bene con se stessa (criterio di rilevanza soggettiva).

Ma che cosa potrebbe succedere se il responsabile iniziasse ad essere maggiormente presente nell’azienda?

Che cosa potrebbe accadere se l’azienda fallisse o se Maria venisse licenziata?

In tali circostanze, è plausibile ipotizzare che l’intensità e la frequenza della sua ansia aumentino in maniera significativa.

Non è da escludere persino che tale vissuto angosciante arrivi al punto da ostacolare il perseguimento delle sue normali attività quotidiane.

Diciamo allora che Maria potrebbe sviluppare un problema psico-emotivo di natura ansiosa per il quale si renderebbe opportuno un intervento psicologico.

CHE COSA FAREBBE UNO PSICOLOGO?

Di fronte allo stesso problema, ogni psicologo potrebbe proporre delle strategie terapeutiche differenti.

Tale diversità è spesso  legata al metodo al quale lo specialista si sarebbe formato.

Nell’ambito della prospettiva Cognitivo Comportamentale a cui mi rifaccio, il caso qui analizzato potrebbe portarmi a lavorare assieme a Maria perseguendo il fine di capire:

  • quali siano i suoi obiettivi di vita (riconoscimento dei valori personali);
  • quale sia il motivo per cui tali obiettivi siano per lei così importanti (ricostruzione della storia di vita pregressa);
  • quale sia il reale grado di compromissione di tali obiettivi  (analisi obiettiva del problema).

Sulla base di tale analisi si procederebbe dunque ricostruendo i meccanismi psicologici che starebbero portando Maria a vivere come particolarmente angosciante la situazione attuale.

Ma, nello specifico, che cosa potrebbe fare uno psicologo cognitivo-comportamentale?

Ci si potrebbe focalizzare su come Maria reagisce emotivamente quando sul posto di lavoro è presente il suo datore di lavoro;  sulle  azioni che compie quando si trova in balia di questi vissuti emotivi; come pure su ciò che pensa di tale situazione, delle sue reazioni e di se stessa.

che cosa fa uno psicologo cognitivo comportamentale

Una simile analisi permetterebbe infatti a Maria di avere un’idea più chiara dei meccanismi psicologici che starebbero contribuendo a mantenere il suo disagio.

Ad esempio, tale analisi potrebbe portare alla luce la presenza di una bassa autostima, che agirebbe ostacolando la capacità di Maria di prospettarsi in un’altra situazione lavorativa.

<< Non posso perdere questo lavoro perché non ne troverei un altro. Non sono poi così capace! >>

O ancora, si potrebbe scoprire che l’angoscia provata da Maria fosse legata al forte desiderio di essere vista dal datore di lavoro come una persona brava e competente.

Tale modalità, infatti, sarebbe stata acquisita in passato da Maria per compensare la mancata soddisfazione di un normale bisogno  di essere amata e accudita.

<< Se faccio tutto perfettamente, Antonio avrà stima di ma. Non posso fallire >>.

Quale che sia la dinamica che potrebbe emergere, la ricostruzione di simili meccanismi psicologici permetterebbe a Maria  di comprendere meglio che cosa sarebbe più opportuno compiere (o non compiere) per ritornare a vivere la vita di un tempo.

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Che cosa fa concretamente uno Psicologo quando si trova di fronte una persona che lamenta un dato problema psico-emotivo?

Proviamo a rispondere con un esempio concreto.

IL CASO DI MARIA

Maria ha 53 anni, è separata ed ha due figli, Luca e Davide.

Ogni giorno, dopo aver accompagnato questi ultimi a scuola, si dirige presso l’ufficio in cui lavora.

L’ambiente non è dei migliori; capita spesso, infatti, che i colleghi non si salutino tra loro o che si esprimano in modo aggressivo per porre semplici richieste.

L’azienda è da diverso tempo sull’orlo di una crisi finanziaria e questo porta la maggior parte dei dipendenti a svolgere più mansioni di quelle che gli spetterebbero.

Tutto questo porta i dipendenti a correre costantemente il rischio di commettere errori o di rimanere indietro con le pratiche.

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Quando poi nell’azienda è presente il responsabile, Antonio, il clima si fa ancora più pesante: temendo di essere screditato, ogni dipendente scarica sui colleghi la responsabilità delle proprie inadempienze.

Nei giorni successivi questo alimenta litigi e discussioni che, nel complesso, contribuiscono a rovinare il clima lavorativo.

Maria risente  di tutto questo, al punto da vivere molto male la presenza di Antonio nell’azienda.

Sapendo che il giorno successivo Antonio sarà lì a controllare il suo lavoro, Maria fatica a prendere sonno: si immagina di poter venire ripresa dal responsabile per una propria inadempienza, come pure di perdere il posto di lavoro.

Quando quest’immagine affiora tra i suoi pensieri, Maria  avverte che il cuore inizia a battere più velocemente, il respiro diventa affannoso e un fastidioso mal di stomaco prende il sopravvento.

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Preoccupata, Maria ripensa a tutte le pratiche svolte nei giorni scorsi, alla ricerca di possibili errori o sviste che potrebbero portarla ad essere criticata e perdere il posto.

Dopo ore e ore di continui ripensamenti,  stremata dalla stanchezza, riesce a prendere sonno.

Alle prime ore del mattino, tuttavia, Maria è già in piedi e più nervosa del solito.

Se la prende con i figli affinché non perdano tempo nel fare colazione e prepararsi per la scuola.

In quelle circostanza, infatti, Maria cerca sempre di arrivare con largo anticipo a lavoro per sincerarsi che le attività svolte la settimana prima non presentino alcun segno di irregolarità.

DA DOVE DERIVA IL MALESSERE DI MARIA?

Maria teme di venire ripresa da Antonio e perdere per questo il proprio lavoro.

In breve, ciò che teme Maria è di essere criticata dal responsabile e il licenziamento che potrebbe conseguirne.

Per quanto possa sembrare scontato, diversi possono essere in realtà i motivi per i quali Maria teme di perdere il proprio impiego.

Potremmo ad esempio ipotizzare che l’idea di perdere il posto di lavoro sia un qualcosa di molto negativo per Maria a motivo della convinzione di non riuscire a trovare un nuovo impiego in futuro.

Se dovesse rimanere senza occupazione, infatti, Maria è convinta che si troverebbe in difficoltà nel mandare avanti la sua famiglia.

Questo scenario è per lei davvero intollerabile e catastrofico.

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Se questa ipotesi fosse corretta, il disagio che Maria starebbe provando non sarebbe tanto legato alla paura di essere criticata o licenziata, quanto piuttosto alle ripercussioni che tali eventi potrebbero avere indirettamente sui suoi figli.

Scavando più a fondo potremmo infatti scoprire che, in passato, Maria ha vissuto in condizioni economiche molto precarie a motivo della cattiva gestione patrimoniale dei suoi genitori.

Con una madre emotivamente distaccata e trascurante  ed un padre con problemi di Gioco d’Azzardo Patologico, Maria si è spesso sentita abbandonata e non amata dalla sua famiglia.

È per questo che, all’età di 15 anni, Maria decise di non permettere ai figli che avrebbe potuto avere in futuro di vivere un simile dolore.

Dietro al disagio che Maria sta vivendo sul lavoro, dunque, si troverebbe in realtà la sofferenza di una madre premurosa che vorrebbe proteggere i figli da quell’esperienza di abbandono e non amabilità da lei vissuta nell’infanzia.

È per questo che Maria non riesce a dormire; è per questo che Maria intima i suoi figli a non tergiversare nei preparativi: deve assicurare loro di non perdere la gioia e spensieratezza che lei perse anni prima per le difficoltà familiari.

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Ecco dunque spiegato il motivo per il quale la mente di Maria la porta a vivere stato di  ansia: per segnalarle che un importante obiettivo di vita potrebbe venire compromesso.

MARIA DOVREBBE ANDARE DA UNO PSICOLOGO?

Ogni volta Maria viene a sapere che il responsabile sarà presente nell’azienda, si sente piuttosto agitata, fatica a prendere sonno e ha spesso problemi gastro-intestinali.

Tuttavia, i numerosi viaggi di lavoro a cui quest’ultimo è chiamato fanno sì che la sua presenza nell’azienda sia circoscritta a pochi giorni al mese.

Questo ha il pregio di rendere il disagio di Maria piuttosto occasionale.

Maria infatti continua ad andare a lavoro, ad occuparsi della casa, a prendersi cura dei figli, a frequentare amici ed a condurre una vita che, nel complesso, definisce positiva e piacevole.

che cosa fa uno psicologo cognitivo comportamentale

L’ansia di Maria non è quindi troppo acuta (criterio di intensità) e assidua (criterio di frequenza) da motivarla a chiedere aiuto ad uno psicologo, benché non sappia nel concreto che faccia uno psicologo; al tempo stesso, non le sta impedendo di perseguire le attività capaci di farla sentire bene con se stessa (criterio di rilevanza soggettiva).

Ma che cosa potrebbe succedere se il responsabile iniziasse ad essere maggiormente presente nell’azienda?

Che cosa potrebbe accadere se l’azienda fallisse o se Maria venisse licenziata?

In tali circostanze, è plausibile ipotizzare che l’intensità e la frequenza della sua ansia aumentino in maniera significativa.

Non è da escludere persino che tale vissuto angosciante arrivi al punto da ostacolare il perseguimento delle sue normali attività quotidiane.

Diciamo allora che Maria potrebbe sviluppare un problema psico-emotivo di natura ansiosa per il quale si renderebbe opportuno un intervento psicologico.

CHE COSA FAREBBE UNO PSICOLOGO?

Di fronte allo stesso problema, ogni psicologo potrebbe proporre delle strategie terapeutiche differenti.

Tale diversità è spesso  legata al metodo al quale lo specialista si sarebbe formato.

Nell’ambito della prospettiva Cognitivo Comportamentale a cui mi rifaccio, il caso qui analizzato potrebbe portarmi a lavorare assieme a Maria perseguendo il fine di capire:

  • quali siano i suoi obiettivi di vita (riconoscimento dei valori personali);
  • quale sia il motivo per cui tali obiettivi siano per lei così importanti (ricostruzione della storia di vita pregressa);
  • quale sia il reale grado di compromissione di tali obiettivi  (analisi obiettiva del problema).

Sulla base di tale analisi si procederebbe dunque ricostruendo i meccanismi psicologici che starebbero portando Maria a vivere come particolarmente angosciante la situazione attuale.

Ma, nello specifico, che cosa potrebbe fare uno psicologo cognitivo-comportamentale?

Ci si potrebbe focalizzare su come Maria reagisce emotivamente quando sul posto di lavoro è presente il suo datore di lavoro;  sulle  azioni che compie quando si trova in balia di questi vissuti emotivi; come pure su ciò che pensa di tale situazione, delle sue reazioni e di se stessa.

che cosa fa uno psicologo cognitivo comportamentale

Una simile analisi permetterebbe infatti a Maria di avere un’idea più chiara dei meccanismi psicologici che starebbero contribuendo a mantenere il suo disagio.

Ad esempio, tale analisi potrebbe portare alla luce la presenza di una bassa autostima, che agirebbe ostacolando la capacità di Maria di prospettarsi in un’altra situazione lavorativa.

<< Non posso perdere questo lavoro perché non ne troverei un altro. Non sono poi così capace! >>

O ancora, si potrebbe scoprire che l’angoscia provata da Maria fosse legata al forte desiderio di essere vista dal datore di lavoro come una persona brava e competente.

Tale modalità, infatti, sarebbe stata acquisita in passato da Maria per compensare la mancata soddisfazione di un normale bisogno  di essere amata e accudita.

<< Se faccio tutto perfettamente, Antonio avrà stima di ma. Non posso fallire >>.

Quale che sia la dinamica che potrebbe emergere, la ricostruzione di simili meccanismi psicologici permetterebbe a Maria  di comprendere meglio che cosa sarebbe più opportuno compiere (o non compiere) per ritornare a vivere la vita di un tempo.