NON MOSTRARSI TRISTI
Il nostro corpo reagisce quando troviamo ciò di cui avevamo realmente bisogno.
Non sempre, tuttavia, sappiamo cosa esso sia.
Delle volte ce ne si accorge soltanto nel momento in cui tale bisogno viene appagato.
COME CI SI ACCORGE DEI PROPRI BISOGNI?
È il corpo a rivelarcelo: i muscoli delle spalle che si rilassano; il viso che si distende; il respiro che si fa improvvisamente lento e profondo; la mente che si calma, liberandosi di ogni pensiero.
Tutto diventa improvvisamente chiaro e nitido, come un paesaggio di montagna che si sveste dalla fitta coltre di nubi che lo avvolgeva.
Quanto prima ci sembrava contorto e oscuro, diventa come d’improvviso semplice e trasparente.
Si ha come l’impressione di ritrovare se stessi, tanto è diverso lo stato emotivo, psicologico e corporeo che si vive.
È un’esperienza piuttosto comune, questa, che si vive sovente quando nel corso del tempo si ha l’impressione di essere cambiati, in negativo solitamente, senza ben comprendere quando ciò sia avvenuto e cosa lo abbia prodotto.
Anche il nostro modo di pensare viene influenzato da questo vissuto, mostrandoci ai nostri occhi in modo diverso da come credevamo di essere fino a poco tempo prima.
L’ abitudine in genere fa il resto, rendendo più duraturo un qualcosa che dovrebbe essere soltanto momentaneo.
CHE COSA ACCADE SE NON LI SODDISFIAMO?
Ci si congela, cristallizzandosi in una forma instabile che fatica a trovare un vero equilibrio.
Il bisogno di andare avanti e di non fermarsi di fronte alle difficoltà della vita ci porta infine a dimenticarci della vera forma che avevamo, finendo per convincerci di essere semplicemente cambiati, maturati persino.
Come se il crescere presupponesse il diventare capaci di mettere da parte ciò di cui ha bisogno.
Come se tali bisogni non fossero realmente importanti.
Si finisce spesso per etichettare tali bisogni come fantasticherie infantili, o sogni destinati a rimanere tali.
Ci si illude che sia possibile trovare una felicità più matura di quella che si potrebbe vivere nel semplice appagamento di tali bisogni, ora provando a ridimensionarne l’importanza, ora investendosi in qualcosa ritenuto più “realistico” da raggiungere.
PERCHÉ RINUNCIAMO AI NOSTRI BISOGNI?
Mentiamo a noi stessi per proteggerci dalla costante frustrazione che vivremmo nel renderci conto di ciò che ci manca e di cui avremmo bisogno, o di quanto è già presente e vorremmo sbarazzarci.
Problemi di assenza o di presenza a cui si fa il callo per tirare avanti.
Il vero problema è forse che si riesce realmente ad andare avanti.
Il tempo, d’altronde, si sa, non aspetta ritardatari. Prosegue indisturbato non curandosi di chi nel tragitto rimane indietro.
Per questo andiamo avanti, trascinando i nostri bisogni insoddisfatti come un’ombra dalla quale si cerca di sfuggire: per timore di rimanere indietro.
<< Inseguendo l’ombra il tempo invecchia in fretta >> (Crizia)
QUESTO CI AIUTA?
Certamente, molto della nostra vita lo possiamo scoprire vivendo, senza doverci necessariamente fermare in attesa che tutto si riveli miracolosamente alla nostra consapevolezza.
Ma rimanere con le antenne dritte costa fatica, la fatica di vivere la frustrazione di sapere che un importante bisogno personale non sta trovando appagamento.
Molti la chiamano fragilità, perché proprio così ci si sente delle volte nel sentirsi più frustrati: vulnerabili.
In un mondo dove il rimando collettivo è quello di negare l’esistenza di emozioni altre rispetto a quelle di gioia e felicità, la tristezza diventa così l’emozione che più delle altre viene negata o nascosta alla vista altrui.
Si può arrivare persino a temere di viverla o mostrarla agli altri.
L’ ansia di essere o apparire tristi.
Fortuna vuole che delle volte il vento fa il suo dovere, spostando nubi dense di lacrime mai versate e alzando nuovamente il sipario della propria vita.
Che lo spettacolo abbia inizio.
<< L’intuizione di un istante talvolta vale una vita di esperienza >>
(Oliver Wendell Holmes)
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NON MOSTRARSI TRISTI
Il nostro corpo reagisce quando troviamo ciò di cui avevamo realmente bisogno.
Non sempre, tuttavia, sappiamo cosa esso sia.
Delle volte ce ne si accorge soltanto nel momento in cui tale bisogno viene appagato.
COME CI SI ACCORGE DEI PROPRI BISOGNI?
È il corpo a rivelarcelo: i muscoli delle spalle che si rilassano; il viso che si distende; il respiro che si fa improvvisamente lento e profondo; la mente che si calma, liberandosi di ogni pensiero.
Tutto diventa improvvisamente chiaro e nitido, come un paesaggio di montagna che si sveste dalla fitta coltre di nubi che lo avvolgeva.
Quanto prima ci sembrava contorto e oscuro, diventa come d’improvviso semplice e trasparente.
Si ha come l’impressione di ritrovare se stessi, tanto è diverso lo stato emotivo, psicologico e corporeo che si vive.
È un’esperienza piuttosto comune, questa, che si vive sovente quando nel corso del tempo si ha l’impressione di essere cambiati, in negativo solitamente, senza ben comprendere quando ciò sia avvenuto e cosa lo abbia prodotto.
Anche il nostro modo di pensare viene influenzato da questo vissuto, mostrandoci ai nostri occhi in modo diverso da come credevamo di essere fino a poco tempo prima.
L’ abitudine in genere fa il resto, rendendo più duraturo un qualcosa che dovrebbe essere soltanto momentaneo.
CHE COSA ACCADE SE NON LI SODDISFIAMO?
Ci si congela, cristallizzandosi in una forma instabile che fatica a trovare un vero equilibrio.
Il bisogno di andare avanti e di non fermarsi di fronte alle difficoltà della vita ci porta infine a dimenticarci della vera forma che avevamo, finendo per convincerci di essere semplicemente cambiati, maturati persino.
Come se il crescere presupponesse il diventare capaci di mettere da parte ciò di cui ha bisogno.
Come se tali bisogni non fossero realmente importanti.
Si finisce spesso per etichettare tali bisogni come fantasticherie infantili, o sogni destinati a rimanere tali.
Ci si illude che sia possibile trovare una felicità più matura di quella che si potrebbe vivere nel semplice appagamento di tali bisogni, ora provando a ridimensionarne l’importanza, ora investendosi in qualcosa ritenuto più “realistico” da raggiungere.
PERCHÉ RINUNCIAMO AI NOSTRI BISOGNI?
Mentiamo a noi stessi per proteggerci dalla costante frustrazione che vivremmo nel renderci conto di ciò che ci manca e di cui avremmo bisogno, o di quanto è già presente e vorremmo sbarazzarci.
Problemi di assenza o di presenza a cui si fa il callo per tirare avanti.
Il vero problema è forse che si riesce realmente ad andare avanti.
Il tempo, d’altronde, si sa, non aspetta ritardatari. Prosegue indisturbato non curandosi di chi nel tragitto rimane indietro.
Per questo andiamo avanti, trascinando i nostri bisogni insoddisfatti come un’ombra dalla quale si cerca di sfuggire: per timore di rimanere indietro.
<< Inseguendo l’ombra il tempo invecchia in fretta >> (Crizia)
QUESTO CI AIUTA?
Certamente, molto della nostra vita lo possiamo scoprire vivendo, senza doverci necessariamente fermare in attesa che tutto si riveli miracolosamente alla nostra consapevolezza.
Ma rimanere con le antenne dritte costa fatica, la fatica di vivere la frustrazione di sapere che un importante bisogno personale non sta trovando appagamento.
Molti la chiamano fragilità, perché proprio così ci si sente delle volte nel sentirsi più frustrati: vulnerabili.
In un mondo dove il rimando collettivo è quello di negare l’esistenza di emozioni altre rispetto a quelle di gioia e felicità, la tristezza diventa così l’emozione che più delle altre viene negata o nascosta alla vista altrui.
Si può arrivare persino a temere di viverla o mostrarla agli altri.
L’ ansia di essere o apparire tristi.
Fortuna vuole che delle volte il vento fa il suo dovere, spostando nubi dense di lacrime mai versate e alzando nuovamente il sipario della propria vita.
Che lo spettacolo abbia inizio.
<< L’intuizione di un istante talvolta vale una vita di esperienza >> (Oliver Wendell Holmes)
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